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La crisi pesa di più sui Giovani italiani



MILANO — Contrordine: a pagare le conseguenze della crisi non sono i lavoratori immigrati, ma i giovani italiani. Si legge nelle pagine del nuovo rapporto della Fondazione Ismu: l’andamento dell’occupazione complessiva nel nostro Paese nel confronto tra il primo trimestre del 2010 e l’inizio del 2011 ha fatto registrare un aumento di 116 mila unità. «Un risultato positivo ottenuto solo grazie alla componente immigrata», scrivono i ricercatori, cresciuta in un anno del 14 per cento (275 mila in più). Una resistenza alla recessione che è merito soprattutto delle donne, «concentrate nei servizi domestici e di assistenza meno legati agli andamenti ciclici dell’economia».

ITALIANI SENZA LAVORO - Va male invece per gli italiani,soprattutto nelle fasce di età più basse: 160 mila posti in meno nello stesso arco di tempo preso in esame. Tra questi, annota Laura Zanfrini che per l’Ismu ha seguito la ricerca sul lavoro, «sono i giovani a rappresentare le principali vittime», e sono per la prima volta i giovani (due su tre) a considerare l’immigrazione un problema.
NUOVO EQUILIBRIO - I due fenomeni non sono legati: per esser chiari, gli stranieri (ancora soprattutto manodopera non qualificata) non occupano i posti dei ragazzi italiani (con aspettative più «alte» di impiego). Ma sono il risultato, certo, di un andamento complessivo: «In base ai dati del rapporto — scrive ancora la ricercatrice — trova credito l’ipotesi che il mercato del lavoro italiano stia cercando un nuovo equilibrio, ampliando il ricorso a una manodopera straniera a bassa retribuzione, rinunciando a investire sulle giovani generazioni, con effetti preoccupanti per le prospettive di fuoriuscita dalla crisi».
STRANIERI IN FUGA - Nel complesso, però, i nuovi conteggi ribadiscono e accentuano la caduta verticale nella crescita della presenza straniera in Italia: solo 70 mila in più rispetto al primo gennaio 2010 (il totale arriva a 5,4 milioni, irregolari inclusi). Significa che arrivano meno immigrati e sempre di più vanno altrove o rientrano in patria. E questo sì è effetto della crisi. Sulla base dei nuovi dati, il direttore generale dell’Immigrazione e delle Politiche d’integrazione del ministero del Lavoro, Natale Forlani, ha confermato (era già nell’aria e circolavano i primi studi) che il governo si sta orientando per non varare un nuovo decreto flussi nel 2012: «Potrebbe non essere necessario — dice — si possono soddisfare le esigenze del mondo del lavoro con i 300 mila stranieri disoccupati già presenti in Italia e i 40 mila figli di immigrati in cerca di prima occupazione». Il tasso di disoccupazione tra gli stranieri (12,1%) resta comunque più alto di quello che si registra tra gli italiani (8,2%).

Berlusconi dice Sì ad un'imposta simile all'Ici

Parla l'ex premier: «No alla patrimoniale
Monti ha garantito che non si candiderà»

a Il Punto del Movimento "IO HO UN SOGNO"
sulle situazione politica italiana.

Qual è il suo giudizio su Monti e sul nuovo governo?
«È composto da tecnici di elevata competenza. Questo non significa che avranno carta bianca su tutto: saremo attenti su ogni provvedimento che arriverà alle Camere. Abbiamo chiesto l'impegno del governo a farsi promotore in Europa della trasformazione della Bce in garante di ultima istanza dell'euro, come lo sono le banche centrali nei confronti del dollaro, della sterlina e dello yen. Senza questa decisione non solo l'euro è a rischio, ma tutti i Paesi europei prima o poi sperimenteranno sulla propria pelle gli effetti della speculazione. Abbiamo chiesto anche l'impegno a rivedere le norme Eba che soffocano le banche italiane. Diremo no a eventuali proposte di misure recessive, e appoggeremo tutte le iniziative per promuovere lo sviluppo».

Monti è destinato a restare in carica per il tempo necessario a completare le riforme chieste dall'Europa, o fino al termine della legislatura?
«Non amo fare previsioni, ma non pongo limiti temporali all'attività del nuovo governo. La sinistra reclama una discontinuità con il nostro. Noi difenderemo invece tutti gli elementi di continuità, a cominciare dalle riforme che abbiamo concordato con l'Europa. Monti non potrà non ascoltarci. Il Pdl è il primo partito in Parlamento e sarà anche un punto di riferimento insostituibile per questo governo».

Questo significa che Monti può arrivare al 2013?
«Monti deve arrivare al 2013. I provvedimenti che deve portare in aula non sono pochi, e con i tempi e le regole vigenti richiedono un periodo non brevissimo. Così si completano i cinque anni e poi ci si rivolge agli elettori. Certo, se Monti prenderà misure in contrasto con la linea dei partiti che lo sostengono, come per noi la patrimoniale, non potrà andare avanti; anche se, come gli ho detto, io non ho mai usato l'espressione "staccare la spina". Del resto, lei crederà mica che Passera abbia lasciato Banca Intesa, o l'avvocato Severino abbia rinunciato al suo studio, per restare in carica cinque mesi?».

Allora perché i giornali della sua famiglia o a lei vicini attaccano Monti ogni giorno?
«Non so come dirlo: non sono io a dettare la linea. Del resto, lei crede che in questi anni Il Giornale e Libero mi abbiano giovato o danneggiato?».

Non votereste la patrimoniale neppure se Monti lo considerasse necessario? E la reintroduzione dell'Ici sulla prima casa?
«Siamo contrari alla patrimoniale. Monti ha fatto intendere che porterà la tassazione degli immobili in linea con la media europea, mentre ora è al di sotto. È possibile che questo comporti l'introduzione di un'imposta simile all'Ici, da noi già prevista con il federalismo, ma completamente diversa rispetto alla precedente impostazione già nella nostra riforma. Dunque una continuità di linea con il nostro governo, con un probabile anticipo dei tempi rispetto al 2014 che noi avevamo previsto».

Silvio Berlusconi fra i banchi di Montecitorio (Eidon/Frustaci)Silvio Berlusconi fra i banchi di Montecitorio
La legge elettorale va modificata? Il referendum va evitato o va tenuto regolarmente?
«Questa materia è di competenza del Parlamento e non rientra nel programma di governo. Sulla legge elettorale c'è molta ipocrisia. Chi critica il Parlamento dei nominati finge di non sapere che se si tornasse ai collegi uninominali i candidati sarebbero indicati sempre dai partiti. In difesa della legge esistente, ricordo che la fine delle preferenze ha ridotto la corruzione. In ogni caso, non accetteremmo mai una legge elettorale che non garantisca il bipolarismo e la possibilità per l'elettore di scegliere la coalizione vincente, il premier e il programma. La mia entrata in politica ha cambiato la storia d'Italia, consegnandole una riforma fondamentale per garantire la governabilità: il bipolarismo e l'alternanza di governo. Non è un caso se i nostri governi sono stati tra i più longevi della storia d'Italia. Ora c'è chi vorrebbe tornare indietro; ma noi lo impediremo».

Il Pdl manterrà la sua coesione senza lei a Palazzo Chigi? Non teme una diaspora?
«Assolutamente no. Io lavorerò sia in Parlamento, per assicurare la governabilità e le buone leggi, sia nel partito, per prepararlo alle prossime elezioni e vincerle».

È sicuro di non ricandidarsi nel 2013? In tal caso, il successore verrà eletto attraverso primarie? Lei chi voterebbe?
«Confermo che il nostro candidato sarà scelto attraverso le primarie tra i nostri iscritti, che sono già un milione e 200 mila. Quanto al pronostico, ho la ragionevole convinzione che a vincere le primarie sarà Angelino Alfano, che ha tutte le qualità per essere un ottimo presidente del Consiglio».

Quali sono i suoi rapporti con Fini? È possibile una riconciliazione?
«Nell'ultimo anno ho avuto solo rapporti istituzionali, secondo le procedure, compresa la telefonata dopo le mie dimissioni. Il resto sono fantasie della stampa, che ogni giorno alimenta un teatrino lontano dalla realtà. La verità è che il deterioramento della nostra maggioranza è iniziato con il peccato originale di Fini: la sua fuoriuscita dal Pdl è stata una decisione che resterà scolpita in negativo nella storia politica dell'Italia. E che gli elettori moderati non dimenticheranno mai».

Ma Fini è stato cacciato.
«Fini non è stato cacciato. Con i suoi tre moschettieri gettava discredito sul governo, con effetti negativi rilevati da tutti i sondaggi. Ricordo una vignetta del vostro Giannelli. Fini con le braccia incrociate diceva: "Oggi Berlusconi non ha parlato, come faccio a contraddirlo?". Abbiamo cercato un chiarimento, definendo il suo modo di agire incompatibile, ma ai probiviri abbiamo deferito Bocchino, Granata e Briguglio, non lui. Sono loro ad aver deciso di andarsene».

Fini non sarà d'accordo. Non crede poi sia stata un errore la rottura del 2008 con Casini? Si potrà ricostruire un'alleanza di centrodestra alle prossime elezioni?
«La rottura non è stata determinata da noi. A Casini abbiamo offerto infinite volte di recuperare un rapporto con il centrodestra, in nome dei valori comuni e della comune appartenenza al Partito popolare europeo. Penso che in un clima politico meno avvelenato sia possibile ritrovare lo spazio per un dialogo che serva a riportare tutti i moderati sotto lo stesso tetto».

Casini chiederebbe un prezzo alto. Potreste arrivare a offrirgli la candidatura a Palazzo Chigi?
«Queste non sono certo cose che decido io. Siamo il partito che discute di più al mondo: ufficio di presidenza, direzione nazionale... Entro l'anno faremo i congressi comunali e provinciali, entro marzo il congresso nazionale. Detto questo, ci sono leader che si occupano dell'interesse generale, e ci sono politici di professione che badano alla loro carriera».

È vero che avete chiesto a Monti di rinunciare fin da ora a guidare uno schieramento elettorale?
«È vero. Abbiamo chiesto a lui e a tutti i suoi ministri di impegnarsi pubblicamente a non presentarsi come candidati alle prossime elezioni».

E loro cosa vi hanno risposto?
«Di sì. Non ho parlato con i singoli ministri. Ma Monti mi ha detto che, se il governo andrà avanti, è logico che lui non approfitterà della situazione per candidarsi. Un impegno assunto alla presenza del capo dello Stato».

Cos'è successo tra lei e Tremonti? Come sono oggi i vostri rapporti?
«Buoni, sul piano personale. Sul piano della politica economica abbiamo due visioni diverse. Tremonti è per il rigore. Io sono per il rigore coniugato con lo sviluppo».

Buoni i rapporti tra lei e Tremonti?
«Non ci ha visti venerdì alla Camera? Lui si è seduto sotto di me, abbiamo parlato e scherzato in continuazione. Tremonti è così, infila una battuta dopo l'altra. Poi ci mandiamo al diavolo quando esprimiamo due linee diverse».

Con la Lega è possibile una ricucitura? Bossi è ancora il leader o comunque l'interlocutore?
«Sono sicuro che manterremo il rapporto stretto che c'è sempre stato tra noi e la Lega. La Lega è un alleato solido e leale. E il Pdl è l'unico vero alleato su cui la Lega potrà contare anche in futuro».

Che impressione le fa stare in una maggioranza in cui ci sono anche i postcomunisti del Pd e Di Pietro? La base del Pdl capirà?
«Questa non è una maggioranza politica. È una maggioranza parlamentare imposta dall'emergenza. Non ci sarà alcuna confusione di identità tra noi e la sinistra, nessuna alleanza consociativa tra il Pdl e il Pd. Come il presidente della Repubblica ha auspicato dando l'incarico a Monti, "il confronto a tutto campo tra i diversi schieramenti riprenderà appena la parola tornerà ai cittadini per l'elezione di un nuovo Parlamento"».

Un governo composto da ministri che non sono passati attraverso il vaglio degli elettori rappresenta una sospensione della sovranità popolare?
«Mi sembra evidente. Sospendere non significa porre fine: è un'emergenza temporanea, che richiede un'assunzione di responsabilità generale nell'interesse dell'Italia. Per questo tutti i partiti dei due schieramenti, tranne la Lega, hanno fatto un passo indietro e affidato ai tecnici un compito non facile, nel tentativo di rispondere ai mercati. Eppure in questi giorni tutti hanno potuto constatare che lo spread è rimasto elevato anche dopo le mie dimissioni: evidentemente il nostro governo non aveva alcuna colpa. Questa è una crisi dell'euro, che dietro di sé non ha un prestatore-garante di ultima istanza, quali le banche centrali delle altre monete forti, come il dollaro e la sterlina; così come non ha una politica economica unica per l'eurozona. Dotarsi di questi strumenti è il compito dell'Europa: una battaglia che l'Italia dovrà intestarsi. Ma ci vorrà tempo. Intanto noi dobbiamo salvare il nostro Paese, operando tutti insieme».

Lei si è lamentato per i fischi della settimana scorsa. Ma in passato lei ha alimentato lo scontro, apostrofando duramente gli elettori del centrosinistra.
«Mi sono dimesso per un atto di responsabilità e di amore verso il mio Paese, senza che il nostro governo sia mai stato sfiduciato. Ma questo non è bastato a chi per anni ha fatto politica demonizzando l'avversario. Noi abbiamo uno stile opposto. Da liberali veri, preferiamo costruire invece che distruggere, confrontarci sui contenuti per il bene del Paese piuttosto che delegittimare chi la pensa diversamente da noi, amare invece che invidiare e odiare».

Anche la Carlucci lascia il PDL

ROMA - Come ha reagito il presidente Berlusconi quando gli ha detto che anche lei, la fedelissima Gabriella Carlucci iscritta a Forza Italia fin dal 1994, aveva deciso di passare armi e bagagli al gruppo dell'Udc? «Guardi, non so se Berlusconi abbia saputo in anticipo di questa mia scelta ma io a lui non ho detto niente. Non vado a Palazzo Grazioli dall'estate scorsa... In queste settimane ho parlato con Casini e con Cesa ai quali mi lega un antico rapporto di stima e amicizia».

, va bene. Ma come è possibile che la Carlucci non abbia mandato neanche un ambasciatore per avvertire il Cavaliere? «No, nessuno sapeva di questa mia decisione. Nel partito ho parlato solo con la Bertolini e Antonione perché sono una persona seria e mi sono decisa ad andare fino in fondo, con coerenza, perché di questo passo l'Italia non può farcela a rispettare gli impegni presi con l'Europa. Ormai il nostro governo non ha i numeri in Parlamento». Sicura che nel Pdl questo suo abbandono sia stato visto come un fulmine a ciel sereno? «Certo, anche se ora desidero ringraziare il ministro Fitto che è il mio mentore e mi ha sempre aiutata...». E dunque, ieri sera, Berlusconi ha fatto sapere che lui non ne sapeva nulla: «Mi dispiace per la Carlucci che lavorava con noi da tanto tempo».

Gabriella Carlucci: le foto dal sito del Corriere della Sera
Gabriella Carlucci lascia il Pdl Gabriella Carlucci lascia il Pdl Gabriella Carlucci lascia il Pdl Gabriella Carlucci lascia il Pdl Gabriella Carlucci lascia il Pdl



Ma ora Gabriella Carlucci è disposta ad «andare fino in fondo» anche sostenendo un governo di emergenza nazionale affidato a un tecnico? «La mia scelta è chiara: Berlusconi fa solo un passo indietro e permette così a un'altra personalità del centro destra di formare un governo capace di raccogliere uno schieramento più ampio e di unire quelle forze, come l'Udc, che hanno a cuore le sorti del Paese. Anche Napolitano ha detto che non permetterà ribaltoni mentre un altro discorso è permettere l'ingresso in maggioranza di altre forze di centro destra. E poi l'Udc fa già parte del Ppe». Ma se non ce la fanno Letta o Schifani, lei sosterrebbe con la stessa convinzione un governo tecnico guidato da Mario Monti? «Certo, se trova un largo consenso in Parlamento io sostengo anche un governo Monti. È una personalità talmente importante che ha già dimostrato di valere in Europa. Proprio lui potrebbe fare quello che ci viene richiesto dall'Unione anche se, per me, l'ideale sarebbe un governo a guida Letta o Schifani».
Poco prima della 20, il deputato dell'Udc Roberto Rao si diverte su twitter: «Giornata fruttuosa, guardate i tg, ci saranno novità». Ed eccola l'anticipazione sul filo dei secondi del Tg di Enrico Mentana che mette a soqquadro i palazzi della politica deserti ma presidiati a distanza: dopo Bonciani e D'Ippolito, il Pdl cede all'Udc anche la deputata di terza legislatura Gabriella Carlucci che già nell'83, a 24 anni, entrò nei tinelli degli italiani dagli schermi di Portobello accanto ad Enzo Tortora. Da allora, la sorella Carlucci di mezzo - la più grande e famosa è Milly che da poco ha un grosso contenzioso con Mediaset per il presunto plagio della trasmissione Baila, mentre la più piccola si chiama Anna - si è divisa tra Rai e Mediaset conducendo Buona Domenica, le serate per il David di Donatello, il programma Melaverde e altro ancora. Insomma, la Carlucci di mezzo è il classico volto televisivo che piace tanto a Silvio Berlusconi: a lui e solo a lui si deve il suo ingresso in Parlamento nel 2001 (quando però lei si conquistò i voti nel collegio uninominale di Trani) e le successive conferme nel 2006 e nel 2008.
Oggi quell'infatuazione sembra svanita. Gabriella Carlucci però sfuma i toni, forse perché sogna ad occhi aperti un governo a guida Letta e Schifani col sostegno di un'Udc imbottita di transfughi del Pdl: «Io a Berlusconi gli voglio bene, lo stimo moltissimo e continuerò a volergli bene e a stimarlo. Purtroppo le cose sono andate così e ora si possono raddrizzare solo se lui fa un passo indietro e permette a una personalità del centro destra di guidare un governo che sappia rispondere alle richieste dell'Europa. Io sono seriamente preoccupata per quello che è successo nelle ultime settimane». Crede a questo punto la neo-centrista Carlucci - «A proposito, sul rendiconto, con l'Udc ci asterremo ...» - che altri fedelissimi di Forza Italia seguiranno il suo passo? «Non lo so e non mi pongo il problema. Io sono sindaco a Margherita di Savoia, in Puglia, quindi vedo tutti i giorni problemi devastanti cui non so dare una risposta. Io non ci dormo la notte... Così non si va da nessuna parte».